Rimangono a testimonianza le torri e le mura di Montagnana…

“Sintesi della storia dei Carraresi”

 

La famiglia dei “Da Carrara” fu così chiamata dall’omonimo castello padovano, posto nella zona fra Piove di Sacco e Conselve. Qui, nell’XI secolo, risulta insediato un “Litulfo di Gumberto” con libere proprietà allodiali.
Successivamente, ingranditi i possedimenti, “Marsilio da Carrara” sviluppò rapporti di influenza in Padova, inserendosi come vassallo del Vescovo e la famiglia raggiunse notevole floridezza con “Iacopino di Marsilio” che schieratosi dalla parte dell’Imperatore, riuscì a prevalere contro il rivale “Alberto da Baone”, della stirpe comitale di Padova. I “Carraresi” divennero conti nel XIII secolo ed ebbero poteri giurisdizionali e tributi nella loro zona d’origine. Con l’emergere di nuove classi sociali entrarono in un periodo di decadenza con perdite di proprietà e prerogative dato che i loro beni furono confiscati dal Comune di Padova assurto a forte autonomia dopo le lotte con “Ezzelino”.
“Iacopo I il Grande”, riscattò il potere della famiglia distinguendosi nelle lotte contro i veronesi “Scaligeri” e fu nominato capitano del popolo a vita il 15 luglio 1318 acquisendo così la Signoria di Padova. Nel 1319, dovette però cedere la custodia delle fortezze padovane, fra le quali anche Montagnana, al signore di Verona “Cangrande della Scala” che perseguiva una politica di rivendicazione in seguito alla sua nomina a vicario imperiale.Padova, tuttavia, rimase nominalmente dominio dei “Conti di Gorizia” prima, e dei “Conti di Carinzia”.

Morto “Iacopo I il Grande” nel 1324, divenne successore Marsilio che, nel 1328, dovette cedere Padova a “Cangrande” ottenendo il titolo di vicario. Nel 1337 egli aderì alla lega veneto-fiorentina costituita da Venezia contro gli “Scaligeri” dei quali la città lagunare voleva abbattere la potenza che considerava in contrasto con i propri interessi nella terraferma. Con la sconfitta degli “Scaligeri” avvenuta nel 1338, Marsilio riconquistò la signoria di Padova.

Gli succedette il cugino “Ubertino”, figlio di “Iacopino”, che nel 1339 ottenne il riconoscimento da Venezia quando venne siglata la pace tra la lega e gli “Scaligeri”. “Ubertino” fu un signore crudele, ma protesse il commercio curando le vie di comunicazione fluviali e terrestri, l’irrigazione delle campagne e l’edilizia, anche militare. Fu sotto di lui che venne riadattato il vallo-canale detto il Fiumicello di Montagnana che costituiva la saldatura difensiva di confine fra il Fiume Novo e la fortezza montagnanese della quale alimentava le fosse attorno alle mure che probabilmente proprio in quel periodo i “Carraresi” cominciarono a ricostruire, ampliando la città.

Ad “Ubertino” succedette “Marsilietto Papafava” il quale fu assassinato da “Iacopino II”, figlio di “Niccolò”, che ingrandì i domini padovani verso la Valsugana, luogo strategico di passaggio degli imperatori nel caso di inaccessibilità della Val d’Adige. Nel 1347 “Iacopino II” accolse alla propria corte il “Petrarca” che gli divenne grandissimo amico; fu assassinato a sua volta nel 1350 dal bastardo “Guglielmo da Carrara”. Prese il potere “Iacopino” che governò la città assieme al nipote “Francesco I” (detto poi “il Vecchio”) il quale nel 1355 lo spodestò rinchiudendolo nella Rocca di Monselice.

“Francesco I” dette inizio ad una decisa politica di espansione e lo stato padovano raggiunse sotto di lui, nominato vicario imperiale da “Carlo IV”, un notevole prestigio e la massima estensione territoriale. Nel 1361 occupò Feltre e Belluno, ma, destata la gelosia di Venezia, fu da questa assalito e costretto a concludere una pace molto onerosa con Venezia nel 1372. Per rivalsa si alleò allora con Genova, acerrima rivale della Serenissima, prendendo parte alla guerra di Chioggia (1378 – 1381) che vide le milizie padovane impadronirsi addirittura del porto di Chioggia. Le sorti dello scontro furono però rovesciate dal grande capitano da mar “Vettor Pisani” e Venezia riuscì a vincere ancora. Nonostante la sconfitta, “Francesso il Vecchio”, occupò con un colpo di mano le città di Treviso e di Ceneda nel 1383 e, nel 1386, riprese Feltre e Belluno. Venezia allora appoggiò con grossi finanziamenti la riscossa dei “Della Scala” contro i “Da Carrara” e ciò costrinse “Francesco il Vecchio” a cercare l’alleanza del potente ed infido “Gian Galeazzo Visconti” con cui, venne ben presto in contrasto per il possesso di Vicenza tanto che fu costretto a rinunciare alla signoria in favore del figlio “Francesco II” detto “Novello” e a ritirarsi a Treviso.

Rocca degli Alberi
Rocca degli Alberi

Da qui, tuttavia, in seguito ad una sommossa fomentata da Venezia, fu cacciato e cadde prigioniero dei “Visconti”: fu, da costoro, rinchiuso a Monza fino alla fine dei suoi giorni. Era stato proprio “Francesco il Vecchio” a completare la cinta montagnanese e a munirla della possente Rocca degli Alberi terminata nel luglio del 1362.

Succeduto nel 1338 al padre, “Francesco Novello” fu costretto dai “Visconti” ad abbandonare Padova che, dopo due anni di febbrile attività diplomatica svolta in esilio per ottenere l’appoggio di altri potentati, riuscì a riconquistare con l’aiuto della lega anti-viscontea di parte guelfa. Il “Visconti”, infatti, era vicario imperiale e mirava a costituire un solo dominio in Lombardia e nella Marca Trevigiana: obiettivo assai inviso anche a Venezia. “Gian Galeazzo” morì improvvisamente nel 1402 mentre si apprestava ad attaccare Padova e Francesco II, appoggiando i superstiti eredi Scaligeri contro Milano, riuscì ad ottenere la città di Verona nel 1404. Nel tentativo di strappare ai domini viscontei anche Vicenza, fu però giocato dalla vedova di “Gian Galeazzo”, “Caterina Visconti”, la quale offrì inopinatamente la città berica a Venezia. Questa scese immediatamente in guerra contro lo stato padovano stremato da decenni di lotte e sconfisse definitivamente “Francesco Novello” che fu imprigionato nel Palazzo Ducale con i figli “Francesco e Iacopo” e, assieme ad essi, fatto strangolare vilmente nel gennaio del 1406.

Dall’agosto del 1405, con la caduta dei “Carraresi”, Montagnana era entrata a far parte dei domini veneziani di terraferma. Così terminò la signoria dei “Da Carrara” ed ebbe fine l’esistenza autonoma dello stato padovano.

Di quella lontana epopea rimangono a testimonianza le torri e le mura di Montagnana.