Carmen Cassighi – Premio della Combinata

Carmen Cassighi
Carmen Cassighi

Sono nata a Montagnana, nel 1956, in provincia di Padova, dove attualmente vivo e lavoro. Inizio a dipingere nel 1981, scoprendo la pittura istintivamente per pura passione, lavorando incessantemente allo studio della figura umana, in particolare l’universo femminile,  a cui ho dedicato gran parte del mio percorso artistico. Durante l’itinerario formativo, ho risentito dei modelli di riferimento dei pittori espressionisti post-novecentisti alla Rosai, delle insistenze cromatiche alla Carrà e della narrazione asciutta degli anni 40. Nelle mie opere dei primi anni 80 c’è molta volontà narrativa, alla scoperta dell’umano e dei sentimenti profondi, fondamentale mezzo di introspezione e di comunicazione.

Per me la figurazione è irrinunciabile,  dopo un decennio di studi sulla figura classica, dai primi anni 90 in poi, mi discosto da essa per dare inizio alla sua deformazione, espandendola e creando forme antropomorfiche, morbide ed eleganti che si stagliano tra linee intrecciate, schemi asimmetrici e scacchiere. La figura si fa deformazione ottica che dal 1994 va scomparendo,lasciando spazio ad un mondo immaginario fatto di architetture misteriose e surreali dai colori vivi e vibranti. Un crescendo di giochi d’ombre e prospettive esagerate che superano il visibile in una sorta di azzeramento del reale, che io amo definire “I paesaggi dell’anima”. Tele coloratissime di villaggi e borghi medievali, crinali di colline e pianori assolati che vivono in sperduti orizzonti lontani.

Contemporaneamente in questo periodo una nuova svolta:la ricerca della tridimensionalità plastica. Comincio a lavorare la creta,creando sculture raffiguranti il corpo femminile in terracotta patinata, dalle medie dimensioni ma dalle forme potenti e vigorose che via via trasformo in figure asciutte, quasi filiformi, eleganti e malinconiche.

Carmen Cassighi - Nobildonna
Carmen Cassighi “Nobildonna” – Olio su Tela – 80 x 100 cm

All’inizio del 2000 il mio processo di evoluzione è in continuo mutamento e mi porta all’Informale, mi avvicino alla ricerca materica lavorando su tela e su tavola, sovrapponendo strati ed incrostazioni di colore misto a vari materiali come yuta, stoffa, cartone e giornali. Questa tecnica rende alla superficie dell’opera una solidità scultorea, a volte sfregiata da abrasioni, tagli, simboli, lettere e numeri; quasi sempre sul fondo nero, colore base dei miei lavori. Sono gli strati rugosi di colori accesi su fondo scuro a rendere l’opera densa di energia espressiva ed evocativa, che riflette metaforicamente la dura condizione dell’esistenza umana.

Sperimento spasmoticamente fino al 2012 altre possibilità espressive della materia da manipolare e trasformare in oggetto d’arte.

Dal 2007 al 2012 eseguo una serie di tavole di grandi dimensioni con tecnica mista su yuta, dalla cifra originale e raffinata, una tecnica particolare fatta di segni impressi senza l’uso del pennello. Colori sobri su fondo chiaro, riproducono vedute paesaggistiche, caotiche e disordinate delle nostre città. Nel 2013, dai supporti di tele ruvide, cartoni, giornali e colle, emerge nuovamente la figura umana in un rapporto di forma-informe. Il passato che diventa presente come quando la modella di oggi “entra” nel quadro antico, sfoggiando enfaticamente arditi cappelli e abiti sgargianti. Realtà-ricordo-fantasia, la seduzione dell’eterno femminino, la vanitas, un succedersi di presenze che rivisitano il passato ai bordi di una vita qualunque.

Dal 2008 mi dedico con entusiasmo e curiosità ad una nuova passione, la fotografia, girando  in lungo e in largo la mia città, alla scoperta di persone, scorci e angoli nascosti. Come nelle mie tele anche nelle mie foto la figura umana é irrinunciabile. Mi piace posare l’occhio sul mirino, trattenere il respiro e fermare il momento. Mi piace fotografare per comunicare e per ricordare, cercando di toccare il cuore dell’osservatore. Mi piace fotografare per fermare il tempo e racchiudere in un’immagine l’istante perfetto.

Contemporaneamente alla pittura e alla fotografia, da alcuni anni mi dedico con passione all’insegnamento dell’arte pittorica con l’obiettivo di guidare ed esplorare la creatività di chi desidera avvicinarsi a questa meravigliosa arte. Un percorso che permette di trasformare e migliorare le capacità di espressione, entrando in contatto con le proprie emozioni, risvegliando l’eterno bambino dentro di noi. Un’esperienza che vivo come un’avventura emozionante, perché coinvolgere e sensibilizzare le persone alla cultura e all’espressione artistica, è una sfida impegnativa ma molto gratificante.

Dal 2014 ho realizzato una serie di opere che ritraggono cani e i loro padroni, un omaggio alla fedeltà e all’amore che unisce l’uomo e il proprio cane, esaltando sulla tela questa naturale unione nata nella notte dei tempi.

Nel 2015 eseguo una serie di tele che esplorano quella parte di umanità, che in un tempo non molto lontano, veniva trascurata, maltrattata e abbandonata alla solitudine della malattia e segregata in “manicomio”. Una serie di opere che raccontano la vita di tutti i giorni dei “matti”, all’interno di questi luoghi di sperimentazioni mediche, teatri di violenze d’ogni genere. Per non dimenticare… le mie opere contribuiscano a farne memoria!

Dal 2016 ad oggi rendo omaggio all’universo femminile con una serie di opere che narrano il presente avvolto da una sottile nostalgia del passato. Le “mie bambine” e le “mie donne” sono ritratte in attimi di vita quotidiana, nei momenti di spensieratezza e di riflessione, vivono un’esistenza vera e gentile, in pensosa attesa. Concentrate in una sorta di sospensione del tempo e dello spazio svelano una serena rassegnazione. Le posture di atteggiamento classico o post-classico valorizzano l’armonia estetica del corpo mentre le vesti dai colori accesi, ricamate con fantasie floreali, ne esaltano la naturale bellezza e femminilità. I visi, a volte emaciati o sfocati, in antitesi, esprimono il tormentato travaglio dell’abbandono e della solitudine. Eteree spettatrici, rinchiuse entro cornici quasi protettive, guardano assorte lo scenario della vita.

Carmen Cassighi