"Verrà il tempo in cui i vivi invidieranno i morti !"

"Ezzelino da Romano nel Montagnanese"

 

La prima volta che le vicende di Ezzelino s’incontrarono con quelle del Montagnanese fu nel 1210: alleato di Padova giunse ad Este con le truppe padovane per una incursione punitiva contro il Marchese d’Este, Aldovrandino.
Il marchese aveva sequestrato molte mercanzie che provenivano da Montagnana ed erano dirette a Padova.
Ezzelino non aveva allora neppure sedici anni ed era al seguito del padre, Ezzelino II detto “Il Monaco”, che appoggiava a Padova un gioco politico mirante a consolidare la Casata degli Ezzelini. Benchè giovanissimo si distinse tra tutti per la perizia con le armi e la sua abilità nel condurre le milizie.
Solo diversi anni dopo i destini di Ezzelino incrociarono nuovamente il Montagnanese: era il luglio del 1238, ed egli era ormai succeduto al padre nell’attività politica e militare della Casata, controllava gran parte del Veneto ed era importante alleato dell’Imperatore Federico II di Svevia. Cercò d’espugnare Montagnana cingendola d’assedio: nella cittadina trovarono infatti rifugio numerosi suoi nemici, soprattutto Vicentini. Aveva eretto diversi belfredi (delle torri lignee che servivano per portare gli attaccanti alla stessa altezza della difesa degli assediati) e si preparava ai suoi intenti. Mentre era preso ad ispezionare, insieme ai suoi più valenti ufficiali, il più possente e più alto belfredo, un gruppo di Montagnanesi compì una disperata ed improvvisa sortita, riuscendo a portarsi sotto la torre ed incendiarla. A stento Ezzelino si sottrasse alle fiamme, ma molti dei suoi capitani perirono. In quelle condizioni fu costretto a togliere l’assedio e rientrare con le sue schiere in Verona, non prima di lanciare un terribile monito: “Verrà il tempo in cui i vivi invidieranno i morti!”. Questo avvenimento dovette rimanere ben saldo nella sua memoria. Tant’è vero che pochi anni dopo, nel 1242, ritornò sui suoi passi e, giungendo a Lonigo, fece entrare alcuni dei suoi, camuffati, in Montagnana con il compito di dare alle fiamme la città, mentre egli attendeva nascosto tra i boschi con tutte le milizie. L’incendio divampò terribile nella notte, divorando le palizzate delle difese e le abitazioni civili. Il fuoco si levò alto rischiarando la campagna attorno; inutilmente si cercò d’arrestare le fiamme. Il mattino del 25 marzo Ezzelino entrò, vincitore, in Montagnana. Subito si preoccupò di costruire una solida posizione difensiva ed edificò un’alta torre di mattoni che ancora oggi si può ammirare presso il castello di Porta Padova: il “mastio di Ezzelino”.

Mastio di Ezzelino
Mastio di Ezzelino

Solo nel 1256 i Montagnanesi riebbero la libertà e contrattaccarono. Un nutrito gruppo di fanti Vicentini, Montagnanesi e Padovani, forte di 200 cavalieri, si scontrò presso Villanova, nel veronese, con un drappello di cavalleria tedesca tra cui vi era anche Ezzelino. Nella battaglia le truppe tedesche ebbero la peggio e lo stesso Ezzelino fu disarcionato ma, non riconosciuto, ebbe l’opportunità di rimontare a cavallo e porsi in salvo. Aveva ormai 61 anni e qualche anno dopo, nel 1259, trovò la morte in Lombardia, a Soncino d’Adda, mentre cercava d’attuare il più ambizioso dei suoi disegni: la conquista di Milano. Solo il tradimento dettato dall’invidia, lo piegò militarmente.